martedì 19 novembre 2013

Letteratura e '68

Pifferi e macchine da scrivere
 
Per delineare l’ultimo tratto percorso dalla neoavanguardia al prezzo della definitiva separazione fra “estetici” e “politici” (o, se si preferisce, fra integrati e apocalittici), non c’è che ricorrere alla “formula” di Giancarlo Ferretti: il quale intitolò un suo libro sulle avanguardie (edito nel ’68) La letteratura del rifiuto, ma nel ‘69, quando Balestrini incitava alla distruzione dell’arte borghese, convertí l’espressione in «rifiuto della letteratura». E si può, per concludere, meditare sulle «tesi» politico-letterarie che sempre in quell’anno venivano presentate su un fascicolo dell’ormai maoista «Che fare», presentato con nota redazionale come «testo collettivo»: accanto a un saggio di Francesco Leonetti (Il processo estetico “rovesciato”: indicazioni essenziali) compariva un elaborato documento dello scrittore trentenne Roberto Di Marco, redatto appunto nello stile fra apodittico, ermetico e dottrinale delle tesi socio-politiche (come quelle di un congresso di partito e particolarmente come le Tesi della Sapienza che nel ’67 avevano costituito la prima base teorica del movimento studentesco). [...]

I pifferai s’erano trasfigurati da banditori d’avanguardia in militanti d’una ribellione collettiva, anonimi partecipanti di un corteo permanente. Le macchine da scrivere non lavoravano piú per l’industria capitalistica, non appartenevano piú alla civiltà delle macchine, non erano piú quelle della «poesia automatica» surrealista-avanguardista. Ora battevano freneticamente effimeri testi da lanciare nel vento della rivoluzione.

Pasquale Martino

da Pifferi e macchine da scrivere. Intellettuali letteratura nuova sinistra verso il Sessantotto, in V. Camerino, P. Martino, S. Tomeo, Utopie dal '68, Argo, Lecce 2009.