giovedì 12 dicembre 2019

Cinquant'anni da Piazza Fontana


La ferita che non si rimargina
La strage fascista, il golpe fallito, la montatura mostruosa
La figura esemplare di Giuseppe Pinelli

I funerali delle vittime della strage, il 15 dicembre 1969 a Milano

Sarebbe stata una gran bella parte quella di Sofia Loren, nel 1972, in un film prodotto da Carlo Ponti e diretto da Giuliano Montaldo: la parte di Licia Rognini, vedova di Giuseppe Pinelli, il manovratore di treni anarchico ingiustamente fermato per la bomba di Piazza Fontana e precipitato dalla finestra della questura di Milano la notte del 15 dicembre 1969. Ma non se ne fece niente: l’assassinio del commissario Luigi Calabresi, sotto la cui responsabilità Pinelli fu trattenuto in questura, oscurò l’indignazione per la sorte dell’innocente ferroviere. La vicenda del film mancato (insieme con quella altrettanto significativa de I funerali dell’anarchico Pinelli, il grande quadro del pittore Enrico Baj la cui esposizione venne annullata per lo stesso motivo) è narrata da Enrico Deaglio nel bel libro da poco uscito, La bomba (Feltrinelli), rievocazione accurata e dolente – fra le migliori che si vanno pubblicando nell’anniversario – di tutta la storia della terribile strage, delle sue 17 vittime (onesti contadini, piccoli imprenditori agricoli, commercianti) e della “diciottesima”, Pinelli.    

     Ricorre dunque il mezzo secolo da un evento capitale, che fu un discrimine nella storia dell’Italia repubblicana. La bomba esplosa nella Banca dell’Agricoltura il 12 dicembre segnò il fragoroso emergere di una “strategia della tensione” i cui tasselli si andavano disponendo nel quadro ferreo della guerra fredda che doveva impedire una vittoria delle sinistre nel mondo occidentale. E il momento fu topico: era l’Autunno caldo, quando grandi scioperi di tutte le categorie di lavoratori stavano per ottenere risultati contrattuali e sindacali mai visti prima. 35 anni di tormentata vicenda processuale (di cui abbiamo parlato su queste pagine lo scorso 22 giugno) non hanno punito i colpevoli, ma hanno sancito una verità giudiziaria e storica: la strage fu attuata dal gruppo neofascista Ordine Nuovo, dai suoi capi Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili perché già assolti in via definitiva. Essi ebbero complici e burattinai nei servizi segreti, che poi deviarono le indagini verso la falsa pista anarchica, preparata nei mesi precedenti tramite attentati “sperimentali” compiuti da Ordine Nuovo e attributi ad anarchici.
     La strategia della tensione trovava adesioni anche in settori politici di governo e di destra, che miravano a un colpo di stato strisciante, alla instaurazione di una “democrazia autoritaria”, se non a un vero golpe fascista come quello del 1967 in Grecia. Il massacro del 12 dicembre avrebbe dovuto essere ancora più tragico: c’erano altre quattro bombe a Milano e a Roma, che per caso non provocarono morti. I massimi vertici politici del complotto si spaventarono e fecero marcia indietro; l’imponente presenza silenziosa del popolo di Milano ai funerali della vittime non si trasformò, al contrario di quanto i golpisti speravano, in una violenta resa dei conti contro i “rossi”. L’adunata nazionale del partito neofascista Msi a Roma, prevista il 14 dicembre, fu vietata. Ma tutti gli sforzi vennero indirizzati a coprire le tracce del misfatto: perciò, gli anarchici colpevoli. La caccia all’uomo dilaga in tutta Italia: anche a Bari la stampa dà notizia di perquisizioni della polizia in quattro sedi della sinistra extraparlamentare. Viene incolpato l’anarchico Pietro Valpreda, di cui la sentenza definitiva stabilirà l’innocenza; viene fermato Pinelli, trattenuto tre giorni illegalmente, sottoposto a stressanti interrogatori con tipici trabocchetti polizieschi («c’è Valpreda che ha confessato!») e alla fine il ferroviere esperantista già staffetta partigiana e appassionato lettore di Edgar L. Masters muore cadendo da una finestra del quarto piano. Il questore Guida (ex direttore del confino fascista di Ventotene) afferma subito, mentendo, che si tratta di suicidio. Da sinistra si accusa la polizia di aver causato la morte del ferroviere durante il fermo. Calabresi sostiene di essere stato assente dalla sua stanza, dove si svolgeva l’interrogatorio, quando avvenne la caduta di Pinelli; querela «Lotta continua», il giornale di estrema sinistra che invece lo incolpa di quella morte. Ne segue un processo infuocato, finito in un nulla di fatto. Dario Fo mette in scena la satira Morte accidentale di un anarchico. Con una indignata lettera, centinaia di intellettuali di tutta l’Italia contestano magistratura, polizia e Calabresi: tra le firme da Bari si notano Vito Laterza, Vitilio Masiello, Nico Perrone. Si dirà poi che la lettera fu la sentenza di morte per il commissario dell’Ufficio politico di Milano: un altro falso. Denunciare la responsabilità di Calabresi, che avrebbe dovuto proteggere la vita di un uomo da lui fermato, un uomo morto – in un modo o nell’altro – mentre in era in mano alle forze dell’ordine, non significava incitare all’assassinio. Che fu un crimine; attribuito, al termine di un altro percorso processuale controverso, ai capi di Lotta continua.
     
     La catena dello stragismo nero imperversò per un decennio. Fu anche il decennio della risposta democratica, della controinchiesta (che coniò l’espressione «Strage di Stato»), del nuovo antifascismo. Anni di piombo, si dice, per colpa del terrorismo rosso. Ma anni di riforme, di cambiamento in meglio della società italiana.
     Pino Pinelli fu un uomo di sinceri e grandi ideali, universalmente stimato. Nel 2009 per la prima volta un presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, invitò al Quirinale Licia Pinelli e rese omaggio al marito, «che fu – disse – vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un’improvvisa, assurda fine». Dopo aver commemorato i morti per la bomba il 12 dicembre, Milano ricorderà Pinelli il 14, con una catena musicale da piazza Fontana al palazzo della Questura. L’Italia democratica sarà lì.

Pasquale Martino   
«La Gazzetta del Mezzogiorno», 12 dicembre 2019   
  
Leggi anche: