Una norma costituzionale da osservare e applicare
La legge attuativa arriva nel 1952 sotto
il nome del ministro dell’Interno Mario Scelba. La maggioranza centrista guidata
dalla Democrazia cristiana ha come principale avversaria l’opposizione di
sinistra, ma vuol coprirsi le spalle a destra dove il partito fascista
ricostituito esiste già da anni: il Movimento sociale italiano è composto da
reduci della repubblica di Salò e non nasconde né i richiami, né i programmi,
né la simbologia del fascismo. La legge Scelba intende “tenere a bada” il Msi
configurando in maniera articolata il reato di ricostituzione del partito
fascista (comprendente l’uso e l’esaltazione della violenza, la denigrazione
della Resistenza, il razzismo, l’apologia e le manifestazioni esteriori di
carattere fascista). In realtà il Msi, pur controllato a distanza, resta una
riserva del centrismo tanto da essere chiamato nel 1960 ad appoggiare
l’effimero governo Tambroni.
La questione si pone drammaticamente negli
anni ’70, al tempo della strategia della tensione. Nel 1973 incomincia a
emergere chiaramente il ruolo che in quella escalation
di stragi sta svolgendo il movimento neofascista extraparlamentare Ordine
Nuovo, in un rapporto ambiguo da un lato col Msi, dall’altro con i servizi
segreti italiani e con alcuni settori dei partiti di maggioranza. Trenta
dirigenti di Ordine Nuovo vengono condannati per violazione della legge Scelba;
subito dopo, il ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani decreta lo
scioglimento di quel gruppo per ricostituzione del partito fascista. Taviani –
ex partigiano, spesso però criticato per aver autorizzato la mano dura della
polizia contro manifestanti di sinistra – provava così, con un decisione non
priva di coraggio, a mettere al riparo il governo e la Dc dalle accuse di
connivenza con gli stragisti che venivano rilanciate da Pasolini sulle colonne
del «Corriere della Sera». In quegli anni è invocato da più parti anche lo scioglimento
del Msi: lo chiede, nel 1977, un gruppo di personalità fra cui Umberto
Terracini, già presidente dell’Assemblea costituente, dopo l’assassinio del
giovane antifascista barese Benedetto Petrone, quando la magistratura chiude
per qualche tempo la sede del Msi di Bari dove è stata rinvenuta l’arma del
delitto. Proprio a Bari si tiene un anno dopo un altro processo per
ricostituzione del partito fascista, imputazione formulata dal sostituto
procuratore Nicola Magrone contro esponenti della sezione Passaquindici del
Msi, autori di aggressioni sistematiche. Gli imputati vengono assolti per il
reato più grave, ma condannati a pene miti per «attività fasciste».
Nei decenni successivi l’accusa –
rafforzata dalla legge Mancino del 1993 – è mossa ulteriormente contro altri
soggetti, come il movimento Fascismo e Libertà di Giorgio Pisanò; la risposta
difensiva si trincera dietro il “reato di opinione”. Ma il crinale fra
opinione, propaganda e incitamento a mettere in atto quanto propagandato è
assai sottile. Il neofascismo e il neonazismo sono diffusi in Europa – come
denunciato da una risoluzione del parlamento europeo del 2018 – e negli Usa, e
fungono oggi da ala estrema dell’odio nazional-populista che si nutre di
demagogia contro migranti e profughi. In Grecia il movimento neonazista Alba
Dorata è stato condannato pochi giorni fa in quanto «organizzazione criminale»
responsabile di un omicidio, due tentati omicidi e una serie infinita di
violenze.
In Italia, CasaPound nasce circa a metà
anni ’90; si fa conoscere per le violenze commesse in varie città – fra cui
l’eccidio di due senegalesi a Firenze nel 2011 – , per le prolungate occupazioni
di immobili pubblici ingiustificatamente tollerate, nonché per qualche amicizia
politica di troppo. Fino a poco tempo fa nel proprio sito web ha dichiarato matrici
ideali che includono Gentile, Mussolini e perfino il fanatico repubblichino
Pavolini, capo delle brigate nere; nomi che compaiono anche nel programma
elettorale del 2013, depositato al ministero dell’Interno. Oggi, nel sito web
si leggono frasi come questa: «la forza quando
scaturita da un ordine verticale e da un principio gerarchico è destinata a
dominare le barbarie, anche se in numero inferiore»; e si insiste, inoltre, sul
«ritorno» della nazione a un’epoca mitizzata ed esaltata: «Per la sua storia e per il suo destino, l’Italia
deve tornare a esercitare una funzione avanguardista nel mondo, tornare ad
essere faro di civiltà, esempio». Il lessico e i concetti rimandano alla presunta
gloria dell’impero mussoliniano. La magistratura giudicherà sui fatti accaduti
a Bari nel 2018 e sui reati ascritti a CasaPound. Da parte nostra, dovremmo
cogliere l’occasione per comprendere il fenomeno e affinare le armi della
critica contro i fascismi che in forme molteplici si ripresentano.
«La
Gazzetta del Mezzogiorno», 15 ottobre 2020