domenica 17 novembre 2013

La rivolta degli edili

Biciclette e canottiere
 
 
Trentotto anni fa la rivolta degli edili a Bari (23-25 agosto 1962) svelò l'altra faccia del boom edilizio che stava stravolgendo la città e confermò a livello nazionale la nascita di un nuovo ciclo di lotte operaie e popolari.

 

Il giorno 23 di agosto, aderendo a uno sciopero indetto dalla sola Cgil per una vertenza provinciale, gli operai edili bloccarono completamente tutti i cantieri (almeno trecento nel solo capoluogo) e sfilarono in migliaia per le vie del centro; nella grande massa di lavoratori si distingueva il fitto numero di canottiere e di biciclette, una sorta di divisa degli scioperanti. Sotto la sede dell'associazione dei costruttori – che rifiutava arrogantemente di aprire le trattative – i manifestanti occuparono a lungo la strada, senza che le forze dell'ordine potessero impedirlo. Il giorno dopo la scena si ripeté; questa volta la polizia cercò di sgomberare il blocco attaccando gli edili con gli idranti, i lacrimogeni, i caroselli della celere: venne respinta dalla decisa reazione degli operai, che si difesero lanciando sassi, mattoni, biciclette. Il 25 agosto polizia e carabinieri si presentarono in forze e scatenarono una violenza brutale e sistematica, pestando e catturando chiunque si trovassero fra le mani e usando, in qualche caso, le armi da fuoco. Gli operai non si dettero per vinti e fecero fronte alle cariche. Gli scontri si svolgevano sull'arteria che divide la città nuova (il borgo "murattiano" rimaneggiato dalla speculazione edilizia) da Bari Vecchia, allora cuore del proletariato barese e quartiere rosso per eccellenza. La popolazione del borgo antico partecipò alla battaglia dalla parte degli edili, molti dei quali si rifugiavano nelle viuzze medievali per sfuggire alle cariche e poi tornare all'attacco. I celerini con le camionette tentarono alcune incursioni in Bari Vecchia, riparandosi dal lancio di oggetti e di acqua bollente dalle finestre e acciuffando chi potevano. Nel pomeriggio, al placarsi degli scontri, la polizia aveva effettuato 216 arresti, quasi tutti di giovani e giovanissimi (molti avevano fra sedici e venti anni): edili, ma anche commessi, apprendisti, studenti.

 
Lo sciopero continuò massiccio fino al 29 agosto, anche se non vi furono più cortei né scontri. Alla fine i costruttori sedettero al tavolo, accordarono un aumento di 220 lire giornaliere uguali per tutti a titolo di acconto (il sindacato ne aveva chieste 500 subito) e cedettero anche su altri punti della piattaforma rivendicativa, fra i quali l'istituzione della scuola edili, l'accantonamento dell'1% per integrazione del salario, la retribuzione tramite busta paga. Fu un successo dei lavoratori, che coronava, quasi inatteso, la grande vittoria del lungo sciopero bracciantile dell'estate '62 nelle campagne del Barese.

Intanto sulla stampa nazionale e locale e nelle aule parlamentari divampava la polemica: la Cgil e il Pci venivano accusati dalla Dc e dalla destra di aver provocato la battaglia di Bari per mettere in difficoltà o condizionare il neonato governo di centrosinistra (guidato da Fanfani con l'appoggio esterno del Psi). In realtà la durezza della risposta operaia – che aveva sorpreso in buona misura anche i dirigenti sindacali e dei partiti di sinistra – era un dato sostanzialmente nuovo, da paragonare in parte con quanto era avvenuto a Genova nel '60 (ma in quel caso la violenza popolare era ancora 'giustificata' dalla mobilitazione antifascista) e soprattutto con altri fatti dello stesso '62 (in primo luogo piazza Statuto a Torino nel luglio e la lotta, ancora degli edili, a Roma in dicembre). Era finito il tunnel degli anni Cinquanta: la ripresa di un ciclo capitalistico espansivo, la produttività del lavoro e i miti del benessere preparavano la riscossa operaia degli anni Sessanta, un movimento di ispirazione egualitaria, di soggetti operai giovani e diversi, che rivendicavano più reddito e più potere, che affrontavano a muso duro l'intransigenza padronale; anche a Bari, dove gli edili, artefici di una moderna ricchezza esibita nelle colate di cemento e nelle tinte sgargianti delle facciate (ricchezza di cui non avevano avuto neppure le briciole), ribellandosi ottenevano per la prima volta un significativo risultato.

Pasquale Martino

Pubblicato su «Liberazione», agosto 2000

Sullo stesso argomento Pasquale Martino ha pubblicato Storia dimenticata della rivolta in canottiera,  «Il manifesto», 29 luglio 1982; Quelli di Bari del Sessantadue, Edlico, Bari, 1984;  La rivolta degli edili di Bari nel 1962, «Primo Maggio», 21 (1984); è stato consulente per il documentario di Rai Puglia realizzato sul tema da Enza Caccavo e Costantino Foschini.