sabato 15 febbraio 2014

Resistenza in Puglia


Nata dalla Resistenza
A proposito dello Statuto regionale


È in corso il dibattito sulla proposta avanzata da numerosi gruppi politici del Consiglio regionale (una maggioranza, sulla carta) di modificare l’articolo 1 dello Statuto della Puglia, ripristinando il riferimento alla Resistenza fra i principi ispiratori. Cosa vecchia, dirà qualcuno. Cosa inutile, oltretutto, visto che l’attuale statuto già menziona – con formulazione invero un po’ contorta ma non equivoca – «i valori che hanno informato quanti si sono battuti per la Liberazione e per la riconquista della democrazia nel nostro Paese». Tuttavia, è bene rammentare che l’art. 1 dello statuto originario (del 1971) recitava con ammirevole chiarezza: «La Puglia è regione autonoma nell’unità della Repubblica italiana nata dalla Resistenza». Quando si lavorò al nuovo statuto, nel 2003, la commissione del consiglio regionale a ciò preposta redasse una bozza che confermava tale riferimento; questo venne soppresso e sostituito come sopra nella versione definitiva licenziata dal consiglio nel 2004. Dunque la domanda vera è: perché cancellare la parola Resistenza? Che, per inciso, figura nei nuovi statuti di molte regioni compresi l’Abruzzo e la Campania.
Senza interferire nella discussione delle forze politiche, si potrà nondimeno trarre spunto da questa vicenda per svolgere qualche considerazione. La storiografia e il linguaggio comune hanno da tempo sancito l’uso del termine Resistenza per indicare l’opposizione popolare al nazifascismo durante la Seconda guerra mondiale, in tutta l’Europa, in forma di lotta armata, di movimento politico e di azione non violenta. La pur tardiva partecipazione italiana alla Resistenza europea ha consentito di attenuare in parte la grave responsabilità del nostro Paese (per colpa di chi lo dirigeva, il fascismo e la monarchia) nello scatenamento del conflitto mondiale dal quale è uscito drammaticamente sconfitto. Perciò la Resistenza è il nostro incipit. Potranno passare decenni ma essa resterà tale, finché sconvolgimenti comparabili (non certo da auspicare) impongano nuovi inizi che abbiamo la stessa sostanza storica e la medesima forza di un agire collettivo. È giusto e inevitabile che la Resistenza sia oggetto di un rinnovamento di studi, che ne vengano indagate le contraddizioni e le ombre, la tragicità del suo essere anche guerra civile. Ma ciò non cambia di una virgola il fatto che la libertà (di tutti, anche di chi ha combattuto dall’altra parte), la Repubblica e la Costituzione democratica siano figlie della Resistenza.  Come si sa, le parole sono importanti. Liberazione – un’altra parola importante – non è un sinonimo di Resistenza: essa indica l’obiettivo perseguito, il traguardo raggiunto dai resistenti.


12 settembre 1943: fucilazioni di Barletta
Veniamo alla Puglia. Da anni ormai si assiste a un risveglio di memoria, a una riscoperta della storia resistenziale di una regione che non è stata affatto estranea alla scena della lotta partigiana. Protagonista di questo recupero è stata spesso la scuola, accompagnata dalla meritoria fatica di istituti come l’Ipsaic, dell’Anpi, di gruppi giovanili e di non poche amministrazioni comunali, nonché dal rilievo che questo stesso giornale ha dato ai momenti di un tale percorso. Uno sforzo che, coronato dalla medaglia d’oro alla città di Bari nel 2006, oggi si profonde ancora nelle commemorazioni degli eventi del 1943-1945, di cui ricorre il 70° anniversario. Non possiamo ricordarli tutti in questa sede. Basti dire degli eccidi per mano tedesca e degli scontri armati con la Wehrmacht disseminati lungo la Puglia; del Congresso dei CLN a Bari, prima assemblea libera a cui guardavano come a una nuova speranza le forze partigiane (proprio mentre il re e il governo Badoglio qui trasferiti la ostacolavano in tutti i modi); delle molte centinaia di pugliesi che hanno combattuto nelle formazioni partigiane, le cui storie individuali vanno emergendo grazie a un lavoro di ricerca che ha ancora parecchia strada da compiere; dei tanti caduti pugliesi, inclusi quelli uccisi alle Fosse Ardeatine e nella Risiera di San Sabba. E ancora: c’è un contributo pugliese alla resistenza dei militari che si opposero ai tedeschi in Grecia e in Iugoslavia, a quella delle centinaia di migliaia che furono internate in Germania, dove moltissimi morirono e sono sepolti: altre storie in gran parte da indagare; altre memorie che riguardano ogni comune della Puglia, piccolo o grande.  C’è il ruolo svolto da Radio Bari come voce dell’«Italia che combatte», quotidianamente ascoltata dai resistenti nelle regioni occupate. C’è l’accoglienza ai profughi, la nuova solidarietà internazionale che nasceva dalle macerie dell’Europa hitleriana. Per tacere della preparazione antifascista prima dell’8 settembre 1943. Uomini e donne di questa regione sono stati co-protagonisti di una dolorosa e grande pagina di riscatto nazionale: un segno indelebile dell’italianità popolare che ricominciava i suoi passi come nuovo Risorgimento. Una storia in cui la moderna Puglia democratica ha la sua radice. 

Pasquale Martino  

«La Gazzetta del Mezzogiorno» 15 febbraio 2014