Nata dalla Resistenza
A proposito dello Statuto regionale
È in corso il dibattito sulla proposta avanzata da numerosi gruppi
politici del Consiglio regionale (una maggioranza, sulla carta) di modificare
l’articolo 1 dello Statuto della Puglia, ripristinando il riferimento alla
Resistenza fra i principi ispiratori. Cosa vecchia, dirà qualcuno. Cosa
inutile, oltretutto, visto che l’attuale statuto già menziona – con formulazione
invero un po’ contorta ma non equivoca – «i valori che hanno informato quanti
si sono battuti per la Liberazione e per la riconquista della democrazia nel
nostro Paese». Tuttavia, è bene rammentare che l’art. 1 dello statuto
originario (del 1971) recitava con ammirevole chiarezza: «La Puglia è regione
autonoma nell’unità della Repubblica italiana nata dalla Resistenza». Quando si
lavorò al nuovo statuto, nel 2003, la commissione del consiglio regionale a ciò
preposta redasse una bozza che confermava tale riferimento; questo venne
soppresso e sostituito come sopra nella versione definitiva licenziata dal
consiglio nel 2004. Dunque la domanda vera è: perché cancellare la parola
Resistenza? Che, per inciso, figura nei nuovi statuti di molte regioni compresi
l’Abruzzo e la Campania.
Senza interferire nella discussione delle forze politiche, si potrà
nondimeno trarre spunto da questa vicenda per svolgere qualche considerazione.
La storiografia e il linguaggio comune hanno da tempo sancito l’uso del termine
Resistenza per indicare l’opposizione popolare al nazifascismo durante la
Seconda guerra mondiale, in tutta l’Europa, in forma di lotta armata, di movimento
politico e di azione non violenta. La pur tardiva partecipazione italiana alla
Resistenza europea ha consentito di attenuare in parte la grave responsabilità
del nostro Paese (per colpa di chi lo dirigeva, il fascismo e la monarchia)
nello scatenamento del conflitto mondiale dal quale è uscito drammaticamente
sconfitto. Perciò la Resistenza è il nostro incipit.
Potranno passare decenni ma essa resterà tale, finché sconvolgimenti
comparabili (non certo da auspicare) impongano nuovi inizi che abbiamo la
stessa sostanza storica e la medesima forza di un agire collettivo. È giusto e
inevitabile che la Resistenza sia oggetto di un rinnovamento di studi, che ne vengano
indagate le contraddizioni e le ombre, la tragicità del suo essere anche guerra
civile. Ma ciò non cambia di una virgola il fatto che la libertà (di tutti,
anche di chi ha combattuto dall’altra parte), la Repubblica e la Costituzione democratica
siano figlie della Resistenza. Come si
sa, le parole sono importanti. Liberazione – un’altra parola importante – non è
un sinonimo di Resistenza: essa indica l’obiettivo perseguito, il traguardo raggiunto
dai resistenti.
12 settembre 1943: fucilazioni di Barletta |
Veniamo alla Puglia. Da anni ormai si assiste a un risveglio di
memoria, a una riscoperta della storia resistenziale di una regione che non è
stata affatto estranea alla scena della lotta partigiana. Protagonista di
questo recupero è stata spesso la scuola, accompagnata dalla meritoria fatica di
istituti come l’Ipsaic, dell’Anpi, di gruppi giovanili e di non poche
amministrazioni comunali, nonché dal rilievo che questo stesso giornale ha dato
ai momenti di un tale percorso. Uno sforzo che, coronato dalla medaglia d’oro
alla città di Bari nel 2006, oggi si profonde ancora nelle commemorazioni degli
eventi del 1943-1945, di cui ricorre il 70° anniversario. Non possiamo
ricordarli tutti in questa sede. Basti dire degli eccidi per mano tedesca e
degli scontri armati con la Wehrmacht disseminati lungo la Puglia; del
Congresso dei CLN a Bari, prima assemblea libera a cui guardavano come a una
nuova speranza le forze partigiane (proprio mentre il re e il governo Badoglio qui
trasferiti la ostacolavano in tutti i modi); delle molte centinaia di pugliesi
che hanno combattuto nelle formazioni partigiane, le cui storie individuali vanno
emergendo grazie a un lavoro di ricerca che ha ancora parecchia strada da
compiere; dei tanti caduti pugliesi, inclusi quelli uccisi alle Fosse Ardeatine
e nella Risiera di San Sabba. E ancora: c’è un contributo pugliese alla resistenza
dei militari che si opposero ai tedeschi in Grecia e in Iugoslavia, a quella delle
centinaia di migliaia che furono internate in Germania, dove moltissimi morirono e sono
sepolti: altre storie in gran parte da indagare; altre memorie che riguardano
ogni comune della Puglia, piccolo o grande.
C’è il ruolo svolto da Radio Bari come voce dell’«Italia che combatte»,
quotidianamente ascoltata dai resistenti nelle regioni occupate. C’è
l’accoglienza ai profughi, la nuova solidarietà internazionale che nasceva
dalle macerie dell’Europa hitleriana. Per tacere della preparazione antifascista
prima dell’8 settembre 1943. Uomini e donne di questa regione sono stati
co-protagonisti di una dolorosa e grande pagina di riscatto nazionale: un segno
indelebile dell’italianità popolare che ricominciava i suoi passi come nuovo
Risorgimento. Una storia in cui la moderna Puglia democratica ha la sua radice.
Pasquale Martino
«La Gazzetta
del Mezzogiorno» 15 febbraio 2014