Salvò
l’impero romano e lo sfidò
La
grande storia di una città-stato
Dedicato a Khaled
el-Asaad
Presunto ritratto di Zenobia, regina di Palmira |
Nella
straordinaria storia di Palmira si innalzano il momento in cui fu lei a salvare
l’impero romano, e l’altro momento, quando il regno palmireno preannunciò il
futuro, il “dopo-impero”. Avvenne tutto nel III secolo d.C. La città-oasi, esistente da oltre un millennio, era un emporio nevralgico del traffico carovaniero sulla via
della seta dall’Estremo Oriente al Mediterraneo. Espressione di una civiltà
araba sedentaria, unitasi agli aramei, Palmira si resse a lungo come repubblica aristocratica
governata da un senato e ispirata in qualche modo al modello greco, tanto da innestare alcuni termini del lessico politico ellenico nella lingua aramaico-palmirena. Fiorita nella Siria seleucide del IV-II secolo a.C., in pieno ellenismo,
la potenza di Palmira si confermò dopo la conquista romana in Siria conservando intatti i
propri statuti di autonomia. Iscrizioni palmirene sono state trovate in tutto
il territorio dell’impero, compresa Roma. Nonostante gli inserimenti romani nel suo
volto urbano, il più evidente dei quali è il teatro, essa non fu – e perciò non
può essere definita – una «città romana». Palmyra però è indubbiamente il suo nome greco-latino.
Per lei l’età della gloria arrivò quando nell’impero regnava l’anarchia militare, con imperatori e usurpatori che si succedevano a ritmo vertiginoso. Era appunto il III secolo d.C., e una nuova potenza – la dinastia sassanide – si affermava alla frontiera dell’Eufrate, rinverdendo il passato dell’impero persiano: nemica di Roma come lo erano stati i Parti suoi predecessori. Nel 260 il re Sapore I riuscì nell’impresa inaudita di catturare l’imperatore romano Valeriano. A tale disastro fu posto un argine decisivo da Palmira, che, direttamente esposta al confine persiano, difese se stessa e l’impero. E dire che all’epoca delle guerre civili lo schieramento era stato inverso, e i ricchi palmireni avevano salvato i propri averi dall’aggressione di Antonio trasportandoli al di là dell’Eufrate nel regno partico. Ora invece, a prendere in mano la situazione fu Settimio Odenato, che esercitava una signoria sulla città siriaca, e che, dopo aver sconfitto i Persiani, fu nominato dall’imperatore Gallieno «reggitore dell’Oriente» (rector Orientis). Odenato si proclamava «re dei re» e aveva al suo fianco la moglie Zenobia, che gli succedette nel 268 quando suo marito fu ucciso da una congiura (cui forse la regina non era estranea).
Per lei l’età della gloria arrivò quando nell’impero regnava l’anarchia militare, con imperatori e usurpatori che si succedevano a ritmo vertiginoso. Era appunto il III secolo d.C., e una nuova potenza – la dinastia sassanide – si affermava alla frontiera dell’Eufrate, rinverdendo il passato dell’impero persiano: nemica di Roma come lo erano stati i Parti suoi predecessori. Nel 260 il re Sapore I riuscì nell’impresa inaudita di catturare l’imperatore romano Valeriano. A tale disastro fu posto un argine decisivo da Palmira, che, direttamente esposta al confine persiano, difese se stessa e l’impero. E dire che all’epoca delle guerre civili lo schieramento era stato inverso, e i ricchi palmireni avevano salvato i propri averi dall’aggressione di Antonio trasportandoli al di là dell’Eufrate nel regno partico. Ora invece, a prendere in mano la situazione fu Settimio Odenato, che esercitava una signoria sulla città siriaca, e che, dopo aver sconfitto i Persiani, fu nominato dall’imperatore Gallieno «reggitore dell’Oriente» (rector Orientis). Odenato si proclamava «re dei re» e aveva al suo fianco la moglie Zenobia, che gli succedette nel 268 quando suo marito fu ucciso da una congiura (cui forse la regina non era estranea).
Moneta palmirena con Zenobia e Giunone |
Quanto
alla sorte di Zenobia, che rifiutò di arrendersi a Roma, esistono versioni
differenti; noi riportiamo questa che non è affatto inverosimile. Prigioniera, sfilò fra i sette colli nel trionfo di Aureliano; i suoi principali ministri furono giustiziati, lei fu risparmiata e le fu concessa una residenza signorile. Visse nei pressi di Tivoli in una gabbia dorata, moglie di un senatore romano.
Pasquale Martino
marzo 2016