Memoria e Liberazione.
La manifestazione internazionale del 6 maggio
La manifestazione internazionale del 6 maggio
Lettura del giuramento nella Appelplatz |
Il
bel sole di domenica 6 maggio accoglie nel Mauthausen Memorial i partecipanti
all’incontro internazionale che ogni anno commemora la liberazione del Lager
nazista avvenuta il 5 maggio 1945. La piana antistante l’ingresso del pauroso
recinto è diventata un parco dei monumenti nazionali – imponente quello
sovietico, il memoriale dell’Italia è maestoso nella sua semplicità – davanti
ai quali si raccolgono oggi le nutrite delegazioni, una folla variopinta e
apparentemente caotica che assomma ad alcune migliaia di persone. La
delegazione italiana è forse la più numerosa: una ventina di gonfaloni di enti
locali – in testa La Spezia, Empoli, molta Toscana – i labari dell’Aned
(Associazione nazionale ex deportati) e dell’Anpi, tante scolaresche dal Nord
Italia; molti hanno al collo fazzoletti a strisce bianche e azzurre come la
casacca dei deportati, con al centro il triangolo rosso: lo stigma dei detenuti
politici internati a Mauthausen domina dap-pertutto nei simboli di questa
incredibile manifestazione.
Anataoi Malevannyi, russo, fra i più giovani internati di Mauthausen |
Certi aspetti enfatici propri della ufficialità
– militari di nazionalità diverse in alta uniforme, saluti, squilli di tromba –
non offuscano il carattere essenzialmente popolare e informale del grande
raduno, in cui gli stendardi arcobaleno della pace si mescolano ai cartelli per
Giulio Regeni, agli striscioni della «gioventù contro l’oblio» (Jugendliche gegen das Vergessen), dietro
cui sfilano ragazze delle quali parecchie indossano il velo o hijab, alle bandiere dei curdi che
ricordano come le lotte di liberazione siano ancora all’ordine del giorno. La
manifestazione diventa un lungo corteo, che si snoda attraverso il Lager. Nel
vasto piazzale al centro del campo, l’Appelplatz dove le SS eseguivano
l’appello e la selezione dei prigionieri, oggi i rappresentanti di vari paesi fra
cui anziani ex deportati rileggono ad alta voce in molte lingue il «giuramento
di Mauthausen»: pronunciato collettivamente in quella piazza, dopo l’arrivo
delle truppe americane e in occasione della partenza degli ex prigionieri
russi, i primi a rimpatriare, il giuramento si conclude con la promessa solenne
di non dimenticare i «milioni di fratelli assassinati dal nazifascismo» e di
promuovere la libertà e la solidarietà internazionale. Non si resta
indifferenti sentendo queste parole risuonare in quel luogo, in italiano,
spagnolo, francese, tedesco, ungherese, russo, polacco, ceco, serbo-croato e
via dicendo. È come se per un solo giorno si fosse ricostituita la grande
alleanza antinazista di popoli e di Stati che nel secolo scorso segnò un
momento altissimo di lotta per la libertà. Ma, ammonisce un oratore nel corso
della giornata, «questo non è più il tempo del ricordo: è il tempo
dell’impegno».
Mauthausen
è un luogo impressionante, rimasto pressoché intatto: si sono conservati i
grigi muraglioni di cinta, le torrette, la «scala della morte», molte baracche,
camere a gas e crematori. Sembra inconcepibile che il dolce paesaggio di
colline verdi e villaggi armoniosi nella valle danubiana sia stato il teatro di
una mostruosa industria di schiavitù e sterminio le cui propaggini tentacolari
si diramavano per tutta l’Austria. Era uno dei centri nodali del sistema
concentrazionario nazista: un Lager per gli «irrecuperabili» – oppositori
politici e partigiani di tutta l’Europa, e inoltre ebrei e prigionieri di
guerra russi – destinati a sfiancarsi nelle cave di granito e per la produzione
di armi, a morire di sfinimento, denutrizione e malattie, fucilati, gasati, gettati
giù dalle rupi. Si conta che fra il 1938 e il 1945 vi siano stati internati 200.000
esseri umani, di cui 10.000 donne, e che almeno 103.000 vi siano stati uccisi.
Gli italiani furono circa 8000 di cui la metà morì nel campo.
Antifascisti e partigiani pugliesi a Mauthausen
C’è un cospicuo
drappello di pugliesi deportati e uccisi a Mauthasen, le cui vicende dovrebbero
essere raccontate, e che citiamo qui in un elenco provvisorio e incompleto. Ai
nomi più noti – l’avvocato Alfredo Violante, socialista liberale nato a Rutigliano;
il sindacalista comunista Filippo D’Agostino, di Gravina – si affianca ora il
nome dell’antifascista cattolico barese Giuseppe Zannini, la cui memoria il
Comune di Bari ha onorato il 9 maggio, in una delle pietre d’inciampo per il
quarantennale del suo amico Aldo Moro. Fra i triangoli rossi del Lager
austriaco si annoverano cinque antifascisti di vecchia data, schedati nel
Casellario politico centrale: due socialisti (Francesco Re, nato a Oria, e
Antonio Brunetti, di Spinazzola, entrambi operai Fiat a Torino) e tre comunisti
(Vincenzo Aulisio di Ascoli Satriano, partigiano delle Brigate Garibaldi, il
ruvese Michele Rossini, operaio Fiat e partigiano, e l’elettricista tarantino Mario De Pasquale,
il solo che sopravvisse). Operai Fiat erano anche il barlettano Pasquale
Valente e il coratino Felice Scaringella, partigiano; lavoravano a Milano come
operai o impiegati Giovanni Compagnone di Sansevero, Vladimiro Fratini di
Taranto, Nicola Gangale e Giuseppe Rinella di Andria, Rocco Riefolo di Barletta
e Pietro Carucci di Martina Franca (gli ultimi due sono sopravvissuti).
Trova
conferma in questi dati la numerosa emigrazione meridionale nelle fabbriche del
Nord rappresentata anche negli scioperi del marzo ’44 che dettero impulso alla
Resistenza cui i tedeschi reagirono intensificando la deportazione di operai.
Fra gli internati troviamo figure borghesi: il commerciante Pietro Civitano di
Grumo Appula, arrestato in provincia di Siena; l’artista Girolamo Lopez, nato e
residente a Bari, catturato a Milano; l’ufficiale dell’esercito e partigiano
garibaldino Antonio Salcito, di Casalnuovo Monterotaro (Foggia), arrestato a
Foligno. Sangue pugliese, versato unitamente a quello d’Italia e d’Europa, per
la liberazione e per la fede in un mondo migliore.
Pasquale Martino
"La Gazzetta del
Mezzogiorno", 12 maggio 2108
Le fotografie sono state scattate da Maria Vittoria De Padova il 6 maggio 2018.