Il
partigiano ritrovato.
Dalla
Bari di Aldo Moro al martirio di Mauthausen
Questa
storia viene raccontata qui per la prima volta.
29 marzo 1946, l’ufficio per la
Lombardia del Ministero dell’Assistenza Postbellica scrive al sindaco di Bari,
riferendo quanto affermato da quattro reduci del campo di concentramento di
Mauthausen; fra questi figurano Gianfranco Maris, futuro presidente dell’Aned
(l’associazione ex deportati), l’architetto Barbiano di Belgioioso e il
designer Germano Facetti. Essi dichiarano che a metà maggio del ‘45, pochi
giorni dopo la liberazione del campo, vi è morto «per sfinimento» il barese
dott. Giuseppe Zannini. L’ufficio ministeriale chiede che si rintraccino i
familiari nel capoluogo pugliese, per dare loro notizia del decesso e per verificare
l’informazione. Una coppia di zii consegna al comune una nota poi trasmessa al
ministero. Vi si comunica con brevi cenni quanto è a conoscenza dei familiari:
Zannini è nato a Bari il 2 febbraio 1917, è stato «partigiano e deportato
politico da Bologna», internato nel lager austriaco; si chiede, a nome della
madre, di sapere ove sia tumulata la salma. Il carteggio è custodito
nell’Archivio di Stato di Bari. Il Ministero dell’Assistenza Postbellica era
stato creato dal governo di unità nazionale per coordinare gli immani sforzi di
ricerca e assistenza dei prigionieri, internati, dispersi e profughi italiani
in un Paese sconvolto dalla guerra.
Questa
di Giuseppe Zannini è la vicenda di un «triangolo rosso», da rievocare
giustamente in prossimità di quel giorno della memoria che ricorda anche «gli
italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte» (art. 1
legge 211). Notizia del giovane antifascista pugliese è conservata nel
capoluogo emiliano, presso l’Istituzione Bologna Musei; schede su di lui sono
comprese nel Dizionario Gli antifascisti,
i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese e nella banca dati
dell’Aned. Ulteriori e sparse reminiscenze ampliano un quadro che resta comunque
lacunoso. Lo presentiamo nei tratti essenziali.
Di
famiglia semplice, Zannini si laurea in scienze politiche a pieni voti. Milita
nella Fuci, l’associazione degli studenti cattolici, frequenta Aldo Moro facendo
propri i nuovi sentimenti antifascisti che si affermano nei tragici anni della
guerra. È figlio unico e orfano di padre. Impiegato presso il Credito Italiano,
nell’agosto 1943 – durante i 45 giorni di Badoglio – viene trasferito a
Bologna, prendendovi alloggio in compagnia della madre Adele Lubrano. E sarà
proprio Adele a lasciare una toccante testimonianza sull’impegno del figlio. Dopo
l’8 settembre Giuseppe si trova nel cuore della guerra civile. Entra subito
nella Resistenza, stimolando la formazione politica e la partecipazione del
movimento cattolico alla lotta armata. La sua personalità è quella di un
«leader naturale»: lo afferma il sociologo Achille Ardigò, che è al suo fianco
in quel momento (con Angelo Salizzoni, futuro costituente, parlamentare
democristiano e braccio destro di Moro). Incontra studenti e operai, sollecita
il clero antifascista, propugna l’adesione al CLN come guida della Resistenza. È
stato riconosciuto combattente della 6a Brigata «Giacomo», collegata alle
formazioni partigiane cattoliche Stelle Verdi e confluita agli inizi del ’45
sotto il comando unitario della Divisione Bologna del Corpo Volontari della
Libertà.
Ma Giuseppe è arrestato il 21 maggio ’44. Qui si innesta un’altra
testimonianza, depositata presso l’Istituto storico della Resistenza in
Toscana: quella di Matilde Camaiori (1920-2007), di Pisa, fidanzata di Zannini.
La ragazza si era recata pochi giorni prima a Bologna per incontrare Giuseppe.
Viene arrestata con lui; entrambi sono accusati di aver progettato un attentato
dinamitardo alla caserma tedesca. Nella brutale retata delle SS vengono
coinvolti anche i Servi di Maria del convento vicino alla caserma, ove Zannini
era ospitato avendo la casa inagibile per sinistro. Matilde è rilasciata dopo
qualche giorno, diventerà una figura stimata di antifascista e di docente.
Giuseppe è trattenuto; ha resistito agli interrogatori, viene mandato nel lager
di Fossoli in provincia di Modena: un campo di transito, dove gli è impedito di
vedere la madre che vuole visitarlo, e dove sfuggirà alla fucilazione di 68
partigiani per rappresaglia (luglio ’44), ma soltanto per continuare la funesta
odissea che lo porterà prima a Bolzano e infine a Mauthausen fra gli Schutzhaeftlinge (prigionieri «per motivi di sicurezza»: uno dei tipici eufemismi
della burocrazia nazionalsocialista). È con lui un altro eminente triangolo
rosso, don Paolo Liggeri, il prete di Milano che pubblicherà un libro sulla
propria esperienza di deportato e assisterà al calvario di Zannini nel
sottocampo di Gusen I. E chissà se il giovane barese ebbe modo di incontrare un
internato più anziano, il grande conterraneo Alfredo Violante, venuto anch’egli
da Fossoli e gasato a Mauthausen il 24 aprile ’45. In nove mesi di lager gli
aguzzini ammazzano ferocemente Giuseppe di fatica e di tormenti. La vita lo abbandona
a 28 anni poco dopo l’arrivo dell’esercito americano. La data approssimativa è
il 15 maggio ’45.
La
sua città e la regione dovrebbero ricordarlo degnamente, farne conoscere la
storia nelle scuole. Nonostante il sollecito ausilio dell’assessorato ai
Servizi demografici di Bari, non abbiamo finora rintracciato eventuali parenti
del martire antifascista. Grazie all’archivio dell’Università, abbiamo trovato
il solo ritratto fotografico
disponibile. La ricerca continuerà; chi ha elementi per aiutarci, scriva al
nostro indirizzo: martinopas@virgilio.it.
Pasquale Martino
«La
Gazzetta del Mezzogiorno», 26 gennaio 2017
Immagini: In alto, il solo ritratto fotografico esistente di Zannini (Archivio Uniba).
In basso, un disegno (probabile autoritratto) di Germano Facetti, testimone della morte di Zannini nel lager di Gusen I.
La pagina originale di questo articolo, con la fotografia, è allegata alla scheda su Giuseppe Zannini nel sito Storia e Memoria di Bologna, dell'Istituzione Bologna Musei.
La pagina originale di questo articolo, con la fotografia, è allegata alla scheda su Giuseppe Zannini nel sito Storia e Memoria di Bologna, dell'Istituzione Bologna Musei.