sabato 9 luglio 2016

Ratline nel porto barese

Criminali nazisti.
La via di fuga che passava per Bari

L'imboccatura del porto di Bari, veduta serale
Per due anni dopo la Seconda guerra mondiale, nel ’45-47, Il porto di Bari fu uno snodo cruciale nella fuga dei criminali nazisti dall’Europa. Ad affermarlo autorevolmente è Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti, nel suo libro più noto, Gli assassini sono fra noi (1967). In proposito, l’uomo che fece catturare Adolf Eichmann è estremamente preciso: esisteva una linea di fuga principale, denominata in codice «asseB-B, Brema-Bari», che raccoglieva i fuggiaschi dalle varie città tedesche e li convogliava verso Memmingen in Baviera; da qui la «linea dei ratti» (Rattenlinie in tedesco, Ratline in inglese, così definita dagli anglo-americani) si volgeva a Innsbruck in Austria, quindi penetrava in Italia attraverso il Brennero, percorrendo infine la costa adriatica sino a Bari. Una variante – si apprende da altra fonte – era il passaggio attraverso il Territorio Libero di Trieste, allora controllato dagli Alleati, con prosecuzione verso il capoluogo pugliese. 
Per quanto riportata in un testo di quasi mezzo secolo fa, questa notizia non è mai stata ripresa né ha dato spunto a ricerche storiche specifiche, tanto meno nella città direttamente coinvolta. Vero è che verso la fine degli anni ’40 e nei primi ’50 l’asse B-B era in disuso: le partenze dei gerarchi in incognito avvenivano soprattutto da Genova. Si era ormai strutturata la cosiddetta «Odessa», l’organizzazione clandestina di protezione delle ex SS, resa celebre da un romanzo di Frederick Forsyth (cui Wiesenthal fece da consulente). Da Genova si levava l’ancora verso il Sud America, dove specialmente l’Argentina peronista dava ospitalità ai rifugiati del Terzo Reich. Gli studi sulle Ratlines prendono in esame per lo più il porto ligure oltre che la rete di appoggi supportata dal Vaticano e da varie strutture conventuali. Lo stesso centro di documentazione di Vienna, possessore dell’archivio di Wiesenthal – ci scrive Michaela Vocelka che lo dirige e alla quale ci siamo rivolti – contiene «alcuni materiali sulla via di fuga nazista e sulle Ratlines, ma nessun documento su Bari».
Simon Wiesenthal
Ma i riscontri ci sono, e sembrano pervenire dagli ambienti dei servizi segreti anglo-americani. Il volume di David Talbot su Allen Dulles e sulla nascita della Cia, The Devil’s Chessboard («La scacchiera del diavolo», New York, 2015), racconta le attenzioni riservate ai pezzi grossi delle SS da parte del capo dell’Oss (Office of Strategic Services) in Europa e negoziatore della resa germanica in Italia. Dulles era lungimirante: tornava utile arruolare i nazisti sconfitti, per la nuova guerra che si andava profilando contro l’Unione sovietica. Un simile calcolo ispirava il Vaticano o quanto meno importanti settori ecclesiastici, che non dimenticavano il nemico di sempre, la Russia atea. Del resto nell’anno convulso seguito al maggio ’45 il Vecchio Continente era un immenso campo profughi di tutte le nazionalità: c’erano molti ex prigionieri di guerra tedeschi, e molte SS che era praticamente impossibile trattenere in detenzione; il dileguamento era facile se si godeva di appoggi efficaci. Fra i criminali cui fu riservato dai servizi americani un trattamento di favore vi fu Walter Rauff, tenente colonnello delle SS in Italia, che partì da Bari per Alessandria in Egitto; lo afferma Talbot, comprovando così che Bari era il porto privilegiato per il Vicino e Medio Oriente. 
Rauff visse in Siria e in Libano, ma operò anche per i servizi segreti israeliani – lo rivelò nel 2007 il quotidiano israeliano «Haaretz» basandosi su fonti Cia – e si guadagnò il viaggio verso il Cile dove concluse la sua carriera come consigliere della Dina, la polizia politica del dittatore Pinochet. Clamorosa poi (ma priva di controprove) è la testimonianza di Ian Bell, agente inglese – la si può ascoltare anche su Youtube – che afferma di aver rintracciato a Bari nientemeno che Martin Bormann, il braccio destro del Führer, e di averlo visto salire su una nave senza poter intervenire, a causa di ordini superiori. Ma la sparizione di Bormann fa parte della mitologia del post-nazismo, che si nutre di supposizioni suggestive. Fiction dichiarata è il romanzo Eva (1984) di Ib Melchior, scrittore danese-statunitense, che immagina il salvataggio di Eva Braun, consorte di Hitler, incinta, lungo l'asse B-B fino al porto pugliese. Melchior è stato un membro dell'Oss e del Cic (Counter Intelligence Corps) e sulle vie di fuga dei nazisti mostra di saperne parecchio. 
Walter Rauff
Un tassello importantissimo e inesplorato si congiunge, dunque, al mosaico della Bari di quegli anni: città internazionale dove vivono e agiscono inglesi, americani, neozelandesi, iugoslavi, polacchi, oltre agli immigrati dalle colonie; dove sorge un campo profughi per gli ebrei, che vengono dall'Europa sconvolta nella speranza di partire per la Terra promessa. È l'amara ironia della Storia: dallo stesso porto (con le stesse navi?) salpano le vittime e i carnefici. Toccata non di rado dalla Grande Storia, Bari è spesso smemorata, incuriosa del proprio passato, o incline a leggerlo in chiave celebrativa e acritica. Ma questa è un'indagine doverosa, da farsi: come e grazie a chi funzionava il terminale della Ratline in Puglia? Occorrerebbe cercare negli archivi vaticani, suggerisce Enzo Collotti, con il quale abbiamo avuto la possibilità di confrontarci. e innanzitutto  aggiunge il grande studioso della Germania nazista e dei suoi rapporti con l'Italia  si dovrebbe passare al setaccio la letteratura su Odessa e le vie di fuga. Da parte nostra, sappiamo che alcuni ricercatori indipendenti e part time della "diaspora barese" sono già all'opera in Germania. E siamo convinti che tracce di questo traffico giacciano anche in fondo a qualche polveroso archivio locale. Questa ricerca è appena all'inizio. 


Pasquale Martino  
 «La Gazzetta del Mezzogiorno», 9 luglio 2016