lunedì 29 settembre 2014

Guicciardini

Un tacitiano a Firenze

Francesco Guicciardini perviene alla storiografia a partire dalla memoria delle vicende di famiglia, di ceto e di governo cittadino. Come gli storici classici, come Tacito che è il suo modello (l’unico storico citato nei Ricordi, e per due volte), Guicciardini è un alto esponente del ceto politico che pratica l’attività storiografica quale necessaria riflessione sulla politica e quasi come prosecuzione della stessa. Un’altra analogia che lo accosta agli storici pragmatici dell’antichità: egli produce l’opera più impegnativa e complessa, la Storia d’Italia, nel momento dell’otium, del ritiro – non precisamente volontario – dalla vita attiva, negli ultimi suoi anni. Erede di una delle famiglie dell’élite fiorentina, di quelle che da generazioni hanno familiarità con l’amministrazione, il governo, il potere, naturalmente formato a una visione a un tempo comunale e oligarchica della politica, Guicciardini incomincia con le Ricordanze una rassegna degli antenati che hanno ricoperto cariche pubbliche: risale fino al 1300, ma trova il primo momento rilevante nel tumulto dei Ciompi, che non a caso sarà anche il punto di partenza delle Storie fiorentine. E la successiva Storia d’Italia in tanto allarga il punto di vista all’intera penisola – per la prima volta in un’opera storica – in quanto allo stesso autore è toccata la ventura di svolgere un’azione di governo a più ampio raggio, sotto i due papi medicei.
Come la storiografia pragmatica dell’età classica, anche quella di Guicciardini è esposizione degli eventi politici diplomatici militari, delle res gestae che hanno come protagoniste specialmente le élites dominanti e le grandi personalità. Appartiene al genere classico delle historiae, cioè alla narrazione dei tempi contemporanei, degli eventi di cui l’autore è stato testimone oculare o ha avuto notizia di prima mano dalla generazione precedente. E Tacito piace a Guicciardini perché è lo storico che analizza nel profondo la psicologia del potere, le personalità dei regnanti e dei capi. 

Pasquale Martino