Letteratura, scuola e libertà
Una lezione intellettuale e civile
«La mia vita ha due pagine, una
letteraria, l’altra politica, né penso a lacerare nessuna delle due: sono due
doveri che continuerò fino all’ultimo». Così scriveva in una lettera del 1869
Francesco De Sanctis, il grande intellettuale nato nel 1817, quasi due secoli
fa. (Il suo bicentenario è già un evento in corso, anticipato di alcuni anni e
articolato in numerosi progetti che si svolgeranno fino al 2017.) Quelle due
«pagine» s’incontravano per speciale vocazione in un punto cruciale: la scuola.
A Napoli il giovane docente irpino dava voce, con l’insegnamento letterario, a
un crescente sentimento di libertà; tutti i suoi studenti, si può dire, si
associarono alla rivoluzione del 1848: quella in cui, secondo De Sanctis, sarebbe
stato «combattitore» se fosse vissuto anche Giacomo Leopardi, da lui conosciuto
negli anni napoletani del poeta; quella rivoluzione sconfitta in cui il
professore trentunenne vide cadere sotto
il piombo borbonico il suo migliore allievo, il ventenne venosino Luigi La
Vista. Esule a Torino e a Zurigo, De Sanctis rientrò a Napoli nel 1860 per
partecipare all’unificazione italiana; nel governo Cavour, fu chiamato a
reggere per primo il dicastero della pubblica istruzione dell’Italia unita. Straordinaria
e magnifica ventura: perché, appunto, bisognava ora «fare gli Italiani», e la
scolarizzazione era il passaggio ineludibile. La visione di De Sanctis – due
volte ministro e a lungo parlamentare impegnato sui temi della scuola –
postulava il rapporto fra «scienza e vita»: umanista di formazione idealistica
ed hegeliana, perseguiva un programma singolarmente antiretorico dando spazio
alle discipline tecniche, all’educazione fisica, al carattere popolare
dell’istruzione. La sfida più ardua di quel tempo – da lui condivisa e sostenuta
– era la costruzione di una scuola elementare pubblica e unitaria, di cinque
anni, con parziale obbligo di frequenza, estesa a tutto il territorio nazionale
e con personale assunto dallo Stato: progetto che si compirà definitivamente
solo nel 1911, cinquant’anni dopo l’Unità.
Di sicuro, l’illustre critico figurava
in quella schiera di intellettuali del Sud, liberali di varia estrazione –
Bertrando Spaventa, l’amico Luigi Settembrini, il coetaneo e corregionale
Pasquale Stanislao Mancini, Ruggiero Bonghi (gli ultimi due anch’essi ministri
dell’istruzione) – i quali si posero con nettezza sul terreno del Risorgimento
e della unificazione nazionale in uno Stato centralizzato, accettando il
compromesso con i Savoia e appoggiando il disegno cavouriano, convinti che
questa fosse l’unica strada realistica per soddisfare l’aspirazione all’unità e
all’indipendenza e per avviare le desiderate riforme. Non venne mai meno
peraltro in De Sanctis la suggestione mazziniana; si rafforzò in lui un
orientamento democratico e progressista con l’adesione al nuovo gruppo
parlamentare della «sinistra giovane». Del resto, il suo impegno nella
battaglia per la cultura e per la scuola è radicato nell’intensa attività di studioso
e saggista che gli ha dato un posto di rilievo assoluto nella storia della
letteratura. Molti suoi scritti sono rielaborazioni di corsi di studio da lui
tenuti; il suo stesso capolavoro, la Storia
della letteratura italiana (1870-71) fu concepito come manuale per i licei.
Ma fu, nel contempo, il massimo contributo intellettuale alla “invenzione” di
una nazione. Quella che il grande critico boemo-statunitense René Wellek definì
«la più bella storia di una letteratura che sia mai stata scritta» si
presentava per certi versi come un romanzo dell’Ottocento: un appassionante
racconto “di formazione” – secondo un’acuta notazione di Remo Ceserani – in cui
un protagonista collettivo, la coscienza nazionale italiana, nasce e vigoreggia
nell’età dei comuni, entra in crisi nell’età rinascimentale con la perdita
dell’indipendenza politica, ma combattendo risorge pian piano con la Nuova
scienza galileiana e con l’illuminismo. Oggi questa narrazione può giustamente
essere decodificata come una lettura lineare e ideologica in chiave risorgimentale
di quelli che furono processi o episodi diversificati e discontinui. È da tempo
che Asor Rosa ha sancito la fine del «diagramma De Sanctis»; la critica ha attraversato
paradigmi profondamente innovativi. D’altra parte è innegabile che certi snodi
del metodo desanctisiano conservino un interesse duraturo: l’opera letteraria come «Forma», che
sintetizza e risolve in sé un «contenuto» non separabile e altrimenti
irripetibile; la «situazione» di un testo nella sua particolarità storica unica
e intrinseca, come dato indispensabile per la comprensione di esso. Così come non
è certo inattuale – pur nelle epocali trasformazioni di un secolo e mezzo – il
tema posto con forza dallo studioso irpino: la necessità di superare lo storico
e irrisolto distacco, in Italia, fra ceto cólto e popolo. Ci sembra insomma che
abbia serbato il suo fascino l’esempio desanctisiano di intellettuale
“militante” – ben diverso dal letterato “neutrale” e arroccato – che piacque a
Gramsci tanto da fargli auspicare il «ritorno al De Sanctis» come a un modello,
a prescindere dalle posizioni datate. Un figura di intellettuale che «prende
parte», che «non è indifferente» rispetto ai dilemmi della società e della
storia. Un esempio – riteniamo o almeno speriamo – che potrebbe ancora parlare
ai giovani del nostro tempo, nella inquieta ricerca di riferimenti ideali e
morali.
Pasquale Martino
«La Gazzetta del Mezzogiorno», 17
dicembre 2015
Gli eventi del bicentenario
Inaugurato
due anni fa sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, il “lungo
bicentenario” della nascita di Francesco De Sanctis (1817-1883), che culminerà
nel 2017, è promosso da numerose università italiane (Bari fra queste) e
straniere (Barcellona e Zurigo) e da: Società nazionale di scienze, lettere e
arti in Napoli, Società napoletana di storia patria e Parco letterario Francesco
De Sanctis. Oltre che ad Avellino, cui fa capo il comune natale del grande
critico (Morra Irpino, oggi Morra De Sanctis, pour cause), iniziative, convegni e seminari si sono già svolti a
Napoli e a Torino. Il Parco letterario organizza itinerari nelle località
dell’Irpinia legate alla vicenda biografica di De Sanctis e ha in programma
incontri, la pubblicazione di un annuario e la creazione di un museo virtuale.
È nata inoltre la rivista «Studi desanctisiani», pubblicata a Pisa da Fabrizio
Serra editore e diretta da Toni Iermano (università di Cassino e del Lazio
meridionale). Nel comitato editoriale della rivista (ne sono usciti finora tre
fascicoli) l’università di Bari è rappresentata dall’italianista Pasquale
Guaragnella. Qualche mese fa l’Expo 2015 di Milano ha ospitato una sessione di
letture desanctisiane dell’attore Michele Placido.
P.M.