Storia del pilota partigiano che diventò pittore
Franco Martinelli, Soldati in ritirata |
L’interesse
per le vicende biografiche individuali sta alimentando uno dei filoni più
proficui della ricerca sulla lotta di Liberazione in Italia. Ricostruire le
biografie, far rivivere le persone nella drammaticità e concretezza delle loro
scelte e dei loro percorsi, è tentare di comporre le innumerevoli tessere capaci
di animare il grande mosaico collettivo della Resistenza. Per quanto riguarda
Bari, l’acquisizione recente di maggiore spessore è forse la ritrovata figura
di Giuseppe Zannini, morto a Mauthausen (di cui abbiamo scritto più volte su
queste pagine nel 2017); e vanno ricordati i lavori di ricercatori dell’Ipsaic,
nonché lo sforzo compiuto dallo storico salentino Ippazio Luceri, che ha
pubblicato una sorta di dizionario di schede biografiche (migliaia) di
partigiani pugliesi, in più volumi dei quali uno riservato a Bari e provincia. Viene
alla luce ora – ne parliamo qui in anteprima – la storia di Franco Martinelli,
che sua figlia Rita sta raccogliendo pazientemente attraverso il riordino del
ricco archivio lasciatole dal padre. La ringraziamo per averci consentito di
anticipare qui per sommi capi la vicenda su cui uscirà un volume da lei
amorevolmente curato.
Franco Martinelli nasce a Turi nel 1917 e
muore a Bari nel 1993. Nel 1940, quando l’Italia entra in guerra, è
sottotenente dell’aeronautica. Nel 1941, pilota di aerei da ricognizione,
compie numerose missioni esplorative in mare aperto, «dimostrando in ogni
circostanza perizia e ardimento» (così la motivazione della medaglia di bronzo
che gli viene conferita). Promosso tenente, è a Roma quando l’armistizio dell’8
settembre 1943 si abbatte con effetti disastrosi sulle forze armate italiane.
Arrendersi o darsi alla fuga individuale verso casa? Resistere ai tedeschi o,
al contrario, collaborare con loro e con i fascisti che rialzano la testa? Gravi
alternative con le quali si misura allora la coscienza del singolo, poiché le
catene di comando sono in crisi. La difesa armata di Roma contro l’occupante
tedesco è abbandonata dagli stati maggiori, sebbene molti militari vi
partecipino. Un gruppo consistente dell’aeronautica si riorganizza allora su
base volontaria come un settore di punta di quello che diventerà il «Fronte militare
clandestino della Resistenza» facente capo al colonnello Montezemolo martire
delle Fosse Ardeatine; Martinelli prende parte attiva a questa vicenda, in cui
il notevole contributo dell’aeronautica è meno conosciuto.
Il sottotenente Franco Martinelli nel 1941 |
Dopo la liberazione di Roma (giugno ’44)
Martinelli rientra a Bari dove, congedato, si laurea in giurisprudenza. La sua
coscienza antifascista è matura: nel giugno ’45 si iscrive all’Anpi,
l’associazione partigiana appena costituita (tessera n. 155 della sezione provinciale
barese, firmata dal segretario Raffaele Conte) con la qualifica di «patriota»;
nel 1947 la Commissione laziale per il riconoscimento della qualifica di
partigiano e patriota gli attribuirà l’ambita qualifica di «partigiano
combattente». La sua visione politica lo orienta verso il partito d’azione; a
Bologna, dove si reca per esercitare il giornalismo – e dove incontra la futura
moglie – è in rapporti e in corrispondenza con personalità come il rettore
Edoardo Volterra, vecchio antifascista e partigiano, poi giudice
costituzionale, Cipriano Facchinetti e Cino Macrelli, entrambi azionisti e poi repubblicani,
entrambi ministri con De Gasperi. Scambia lettere anche col comunista Giuliano
Pajetta e frequenta il Fronte della Gioventù, nel quale il Pci è maggioranza. Dedicatosi
infine alla famiglia, a Bari, dà spazio nondimeno alla sua vocazione artistica,
di pittore e poeta. Ha lasciato manoscritti letterari e un gran numero di tele
che ha esposto in più d’una mostra, al celebre Sottano, con Raffaele Spizzico e
Guido Prayer. Alcuni disegni a china ritraggono momenti dolorosi della guerra,
soldati sofferenti in ritirata, prigionieri suppliziati. Anche questa
produzione figurativa Rita Martinelli intende presentare degnamente al
pubblico.
Pasquale Martino
«
La Gazzetta del Mezzogiorno», 18 aprile 2020