Naji Al-Ali,
il vignettista che fu
ucciso a Londra
Ventotto anni fa un altro vignettista
satirico era stato ucciso a colpi di pistola in una capitale europea. Era il
disegnatore palestinese Naji Al-Ali.
Gli spararono in faccia con il
silenziatore il 22 luglio 1987, per strada, mentre usciva dall’ufficio
londinese del giornale indipendente kuwaitiano «al-Qabas» (critico verso il governo del Kuwait), su cui
pubblicava le sue vignette. Ricoverato in ospedale, morì il 29 agosto.
Naji Al-Ali era nato nel 1938 in
Palestina, fra Tiberiade e Nazareth, da una modesta famiglia contadina. L’esodo
palestinese durante la guerra arabo-israeliana del 1948 lo portò a rifugiarsi
con i familiari in Libano. Visse in campi profughi (fra cui quello di Shatila,
destinato al massacro del 1982) frequentando le scuole e poi l’accademia
libanese di belle arti. Scoperto e valorizzato dallo scrittore palestinese Ghassan Kanafani (che verrà ucciso anche lui, a Beirut nel 1971), Naji incominciò
a lavorare come vignettista in Libano e in Kuwait, diventando ben presto il più
noto e premiato cartoonist arabo. Sgradito al governo kuwaitiano, si trasferì
infine a Londra pochi anni prima di morire.
Pubblicò tre libri e creò oltre 40.000 disegni
satirici, che avevano come bersaglio l’occupazione israeliana in tutta la sua
brutalità, ma anche i regimi arabi, accusati di non essere democratici e di non
sostenere realmente la causa palestinese, e la stessa dirigenza dell’Olp cui imputava opportunismo e corruzione. I lettori del mondo arabo davano estrema
importanza alle tavole di Al-Ali per formarsi un’opinione sulle vicende in corso:
è il caso di dire che una sua vignetta equivaleva a un vero e proprio
editoriale.
Il personaggio più famoso creato da Al-Ali
è quello di Handala: un bambino palestinese di dieci anni (quanti ne aveva
l’autore all’epoca della Naqba, «la
catastrofe» della Palestina), disegnato sempre di spalle e con le mani
incrociate dietro la schiena, osservatore innocente e risentito, talora
partecipe, degli eventi drammatici del suo tempo. «Handala – affermava Al-Ali –
è nato all’età di dieci anni e avrà sempre dieci anni. A quell’età ho lasciato
la mia patria. Quando farà ritorno Handala avrà ancora dieci anni, e solo
allora incomincerà a crescere».
Naji aveva ricevuto una quantità di minacce anonime,
e un autorevole avvertimento – pare – da una personalità dell’Olp. La sua fu
veramente una morte annunciata.
Le indagini sull’omicidio costituiscono
di per sé una singolare spy story. Scotland
Yard arrivò a mettere le mani su uno studente palestinese di 27 anni, Ismail Suwan, nella cui
abitazione furono ritrovate armi appartenute al (o ai) killer. L’uomo protestò la propria innocenza e, per difendersi,
rivelò di essere un agente del Mossad infiltrato nella rappresentanza londinese
dell’Olp. Intervenne allora l’MI5 che chiese al Mossad di aiutare gli
investigatori britannici a sbrogliare l’intrigo. Il servizio segreto israeliano
rifiutò. Per tutta risposta, la premier Margaret Thatcher espulse due diplomatici
dell’ambasciata di Israele e chiuse l’ufficio del Mossad a Londra.
L’affaire Al-Ali fu la goccia che fece
traboccare il vaso nei rapporti fra Gran Bretagna e Israele, e fra i rispettivi
servizi segreti, assai tesi da quando si era scoperto che il Mossad falsificava
passaporti britannici, e soprattutto da quando, nel 1986, il tecnico nucleare
israeliano Mordechai Vanunu residente in Inghilterra, accusato di aver rivelato
segreti militari, era stato attirato con l’inganno a Roma, rapito dal Mossad e
imprigionato in Israele*.
Al-Ali
era un personaggio scomodo per molti: per il governo israeliano, per alcuni governi
arabi, per gli stessi capi dell’Olp. Non aveva scorta e non aveva nessuna vera protezione. È evidente tuttavia che il Mossad era
implicato profondamente nella morte di Al-Ali. Ammesso che non fossero stati
gli israeliani in prima persona a pianificare l’omicidio, essi sapevano almeno
molte cose in proposito, attraverso il doppio agente che aveva contattato gli
attentatori. Ma si erano ben guardati dal preavvertire gli inglesi, sia perché
la soppressione del vignettista faceva comodo anche e soprattutto a loro, sia
perché non intendevano far saltare la copertura dell’infiltrato. E resta sempre
la possibilità realistica che Suwan abbia operato come agente provocatore
manovrando altri palestinesi, convinti magari di fare un favore a Yasser Arafat.
Gli
assassini di Naji Al-Ali non furono mai individuati.
Ma almeno la Thatcher, the bitch,
aveva osato cacciare il Mossad dall’Inghilterra. Altri tempi, decisamente. (I
rapporti furono normalizzati sotto Tony Blair.)
Nel dicembre 1987, pochi mesi dopo la
morte del disegnatore, scoppiò in Cisgiordania la prima Intifada, che avrebbe
portato agli accordi di Oslo.
Naji Al-Ali, il vignettista laico e irriverente,
e il suo bambino Handala – conosciuti e apprezzati in tutto il mondo – sono tuttora
popolari e amati fra i palestinesi e nei paesi arabi.
Pasquale Martino
11 gennaio 2015
* su queste
vicende si vedano: